Fly me to the Moon.

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  1. miry«
     
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    Sapevo e soprattutto sentivo quanto lei fosse fiera di quel mio "salto oltre l'ostacolo", di quel mio passo verso una vera e propria storia con lei, di aver buttato già così ogni mia paura per baciarla come entrambi - lei soprattutto - volevamo. In men che si dica mi ritrovai a baciarla in modo dolcissimo, gli occhi chiusi per godermi a pieno il momento, il mio corpo sdraiato sul suo. Non mi ero mai sentito così bene fino a quando le mie labbra non avevano incontrato le sue. Un incontro che mi aveva cambiato l'esistenza, che mi aveva reso vivo come mai prima d'ora. Spostai le mie mani dal suo viso per accarezzarle il braccio e stringere una mano nella sua, mentre l'altra la poggiai sul materasso per non pesarle sopra. Era una posizione così bella, stare su di lei, una cosa che non provavo da tanto, troppo tempo, ma che non era mai stata come in quel momento. Tremai al pensiero mentre continuavo a baciarla, staccandomi un attimo per riprendere fiato di tanto in tanto.
    ...
    Un attimo, avevo detto sdraiato? Materasso? Stare su di... lei?! Si, mi ero reso conto solo in quel momento come veramente eravamo. Mi alzai così di scatto che mi ritrovai in piedi accanto al letto senza nemmeno essermene realmente accorto, la testa che girava un pochino sia per la situazione che per lo scatto. Mi sentii avvampare come non mai e mi voltai per non guardarla in volto, passandomi le mani sul volto e poi nei capelli, non sapendo che dire.
    «Ecco io... Rose...» farfugliai, non sapendo bene che dire. Non solo avevo fatto una figuraccia ad alzarmi così velocemente, ma ora stavo peggiorando il tutto stando voltato per non guardarla e non mostrarle quanto fossi in imbarazzo.
    «Non è colpa tua.. cioè non hai...» deglutii, trovando la forza. Volevo dirle che non era colpa sua, che non aveva fatto niente di male, che era stata una reazione più che normale. Anch'io, andare a baciarla seduti su un letto!!!
    "Stupido, uno stupido sei! Altro che brillante!"
    Avrei voluto anche dirle che era solo colpa mia, dipendeva solo da me, che purtroppo non ero pronto per un passo del genere, che per me era troppo...
    «Ho sentito un allarme dal Tardis e preferirei andare a controllare...» Esatto, fu davvero questo quello che dissi in realtà, schizzando verso la porta sempre senza guardarla.
    «Fai pure quello che devo fare, ti aspetto in Sala Comandi» e, più che imbarazzato, uscii dalla porta e camminai a passo veloce attraverso i corridoi fino alla console. Durante tutto il tragitto continuai a maledirmi con il pensiero. Non avevo la più pallida idea di come avrei fatto a guardarla ancora in volto, dove avrei trovato il coraggio di parlarle ancora dopo la "brillante" gaffe che avevo appena fatto. Semplice: non l'avrei trovato. Sarei rimasto in un silenzio imbarazzante sperando lei entrasse dicendo qualcosa per spezzare l'imbarazzo o risolvere il tutto. Mi appoggiai alla console con le mani e sospirai, cercando di riprendermi almeno un attimo prima che tornasse.
     
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  2. Leah.
     
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    In quel momento avrei potuto contare tutte le stelle nel cielo. Riuscivo a vederle, a godere della loro brillantezza, a sentire il calore che emanavano sulla mia pelle. Sembrava surreale, eppure non stavo sognando. Stava accadendo tutto così inaspettatamente che talvolta dimenticavo lo scorrere del tempo. Due minuti erano equivalenti a due ore o a due secondi. Con lui nulla aveva più senso, se non noi. Noi che eravamo tutto e niente. Noi, tra paradiso e inferno. Noi, anime erranti che si erano reincontrate.
    Era così strano, ricevere amore intendo, dopo così tante mattine in cui mi ero svegliata sola, in cui avevo camminato in mezzo alla folla come un fantasma senza meta. Ora ero dove dovevo essere, mi sentivo a casa.
    Mi godetti il momento, sapendo che non sarebbe durato molto: conoscevo i suoi "limiti", sapevo come avrebbe reagito da li a breve.
    Lo vidi alzarsi, rosso in volto, palesemente a disagio. Non ebbi il tempo di rispondere a nulla che uscì dalla stanza. Risi piano, ero comunque più che orgogliosa per il fatto che si fosse esposto. La mia risata cominciò ad affievolirsi e a diventare sempre più spezzata quando mi resi conto di ciò che era realmente accaduto.
    «No» mormorai sgranando gli occhi «No, no» mi alzai e fissai il letto, incrociando le braccia «No, no, no.. No» avvicinai una mano alla bocca, cominciando a rosicchiarmi le unghie, mentre correvo raggiungevo la doccia.
    Continuai a dire «No» con toni differenti di voce mentre mi liberavo dei miei vestiti, per poi mettermi sotto l'acqua calda, posando la testa sulla parete.
    Ora mi sentivo tremendamente in colpa. Ecco, l'avevo spinto a fare qualcosa che non si sentiva di fare. Complimenti Rose, un genio nel trovarsi in questo tipo di situazioni.
    Tirai un sospiro, mentre gocce d'acqua mi scivolavano sul volto, portando via tutti (o meglio, quasi) i residui della giornata appena passata. Adesso l'impresa più grande sarebbe stata quella di eliminare il clima di tensione che avevo creato. Oh, dannazione.
    Quando tornai in camera trovai qualcosa da mettermi e cercai di asciugarmi il più possibile i capelli, rassegnandomi a metà dell'opera. Mi presi qualche secondo, fissando la porta della mia stanza, cercando il coraggio per uscire ed affrontare lo sguardo del Dottore.
     
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  3. miry«
     
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    Da lì non sentivo nessun rumore, era troppo lontana. Non sapevo se si era fatta la doccia, se stesse piangendo o ridendo di me, nè come stesse. Non sapevo se avrebbe mai trovato il coraggio di uscire dalla sua stanza e raggiungermi, di parlarmi o anche solo guardarmi ancora. E se l'avevo delusa così fortemente da distruggere ogni singolo mini passo che avevamo fatto? Io...
    Sospirai, sbattendo un pugno sulla console per il nervoso. Non capivo perchè ogni singola volta dovessi sempre rovinare tutto. Ecco uno dei tanti motivi per cui non ero mai andato oltre con lei: non ero capace di renderla felice. Alzai lo sguardo e fissai il corridoio che portava alla sua stanza. Speravo di vederla arrivare da lì a breve, perchè non volevo distruggere niente tra noi, ma allo stesso tempo avevo paura di vederla arrivare. Come mi sarei dovuto comportare?? Per la prima volta in vita mia arrivai perfino a pensare di chiamare Jack e chiedergli aiuto, ma il mio stupido orgoglio me lo impedì, per non parlare dell'immagine di Jack che si faceva due risate.
    Sospirai per l'ennesima volta e impostai le coordinate visualizzate a Cardiff, e poi finsi di essere preso dai controlli, quando in realtà non facevo altro che lanciare occhiate al punto dal quale Rose sarebbe dovuta spuntare.
    «Ti prego Rose, scusami...» sussurrai, come se lei fosse lì e potesse sentirmi. La cosa che mi dava più il nervoso non era il fatto che lei non arrivasse, ma che io sapevo benissimo che non sarei riuscito a spiccicare parola. Mi fissai nel monitor, passandomi le mani sul volto e poi nei capelli.
    «Dottore, quando entrerà Rose tu la guarderai e le dirai che ti dispiace, che è colpa tua e che sei un'idiota.» lo dissi ad alta voce, ma in modo che solo io sentissi. E lo dissi ad alta voce per autoconvincermi, per essere sicuro che quando lei sarebbe tornata in Sala Comandi io avrei parlato per prima, evitandole sensi di colpa e imbarazzo. Così mi sedette sulle poltroncine e aspettai che arrivasse, deciso più che mai a superare l'imbarazzo.
     
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  4. Leah.
     
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    In quel momento fu come se aprire una porta fosse un'impresa straordinaria. La mia mano ondeggiava, avvicinandosi e ritraendosi dalla maniglia, veniva attirata e respinta da ciò che mi aspettava oltre; un uomo a cui tenevo, che dovevo affrontare. Feci un passo in avanti, in modo da essere prossima ad essa, quasi potevo poggiarci la fronte. Feci ticchettare le dita sul legno, trascinandole verso il basso, fino alla maniglia. Sentii il cuore battere più forte, il respiro mancare. Non sapevo come mi sarei dovuta comportare, o cosa fosse meglio dire. Sapevo che avevo sbagliato, in un certo senso. Sapevo di averlo messo in una situazione scomoda e che era a disagio a causa mia, solo ed esclusivamente mia. Sospirai e alzai lo sguardo, come per chiedere consiglio a un qualcuno di inesistente, come se l'idea giusta sarebbe scesa su di me, ma non accadde nulla. Ero sola in quella stanza, potevo decidere se rimanere lì dentro, cosa molto infantile ed insensata, in quanto prima o poi sarei dovuta uscire ed affrontare la realtà, o decidermi a varcare la soglia e raggiungere l'uomo che amavo. E così feci.
    Senza pensarci troppo aprii la porta e feci il primo passo verso l'esterno. Poi il secondo. Il terzo. Ad ogni passo sentivo crescere dentro di me il dubbio se ce l'avessi fatta. Ad ogni passo sentivo crescere in me la certezza del sentimento che provavo. Cominciai a far scorrere la mano sulle pareti e le grate del Tardis, cercando di non fare rumore, mantenendo quel suono basso, forse solo per distrarmi.
    La intravedevo, la Sala Comandi. Forse sarei dovuta tornare indietro, potevo prendermi qualche minuto in più per asciugarmi i capelli, ancora umidi, che cadevano sulla maglietta con la Union Jack sopra. Sorrisi. Dovevo davvero temere qualcosa? Ci pensai: nessuno dei due aveva sbagliato, eravamo il Dottore e Rose Tyler, quel che era accaduto era solo un momento in cui era evidente il nostro essere una coppia di impacciati. Non c'era tempo per scusarsi o star male per cose che non esistevano, o almeno, io non lo avevo. Volevo vivere tutto quel tempo che mi restava al massimo, con lui. Nel bene e nel male, sempre col il sorriso sul volto. Riguardai l'entrata della Sala Comandi, quasi con sguardo di sfida, per poi prendere un po' di rincorsa e piombare lì, girando intorno alla console. «Allora?» chiesi «Non eravamo diretti a Parigi?» continuai, con un grande sorriso.
     
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  5. miry«
     
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    Fu interminabile il tempo che passò da quando mi sedetti sulle poltroncine a quando sentii chiaramente i suoi passi in lontananza. E, altrettando chiaramente, sentii che prima di entrare si bloccò. Mi alzai così in piedi, pronto ad accoglierla e prendendo un respiro profondo, cercando disperatamente da che parte iniziare il discorso. Sapevo solo che l'avrei fatto, che questa volta non mi sarei tirato indietro.
    La vidi piombare letteralmente nella Sala, e quel suo modo di fare fece nascere un sincero sorriso sul mio volto.
    Lei, con la sua energia, la sua carica e la sua brillante spontaneità. Lei e il suo essere semplicemente fantastica. Feci per parlare quando lei mi precedette e mi sorprese di nuovo, come sempre, lasciandomi senza parole. Mi persi un attimo ad notare i vestiti e non potei non pensare che la preferivo così. Preferivo la ragazzina che avevo conosciuto e di cui mi ero invaghito alla donna che era stata costretta a diventare per non soffrire per il mio abbandono. Sorrisi ancora di più e annuii, lasciando perdere qualsiasi discorso mi ero prefissato di farle.
    Per una sola volta la mia non fu codardia, ma semplicemente voglia di lasciar perdere. Non avevamo tempo per i sè o i ma, c'eravamo solo noi due, e avremmo preso le cose così come venivano.
    «Si, Parigi!» corsi attorno alla console per gli ultimi controlli pre-partenza, fermandomi poi a controllare di nuovo le coordinate. 48° 51' 29" Nord, 2° 17' 40" Est, esatte. Impostato tutto, mi fermai davanti alla leva di partenza. Qui mi voltai verso di lei e mi feci serio.
    «Rose, qualsiasi cosa ci aspetti, qualsiasi persona o alieno ci voglia in quel preciso luogo a quella precisa data, noi ce la faremo. Insieme, come sempre.» strinsi una sua mano nelle mie mentre parlavo, non abbandonando nemmeno per un secondo i suoi occhi.
    Accarezzai il dorso della sua mano in modo tenero e poi la lasciai, il sorriso che tornava a riprendersi il suo posto sulle mie labbra.
    «Non vedo l'ora di saperlo!» ammisi, elettrizzato come sempre davanti ad una nuova avventura e/o minaccia. Era tutto così bello, così stupendo, rischiare la vita, salvarne altre, andare incontro a qualcosa senza sapere cosa. E ora che c'era lei non poteva che essere tutto ancora più bello.
    Aspettai che si tenesse salda a qualcosa e, dopo aver urlato il mio intercalare francese preferito - che, ammettiamolo, questa volta calzava a pennello, feci partire il Tardis.


    Edited by miry« - 23/4/2014, 17:00
     
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  6. Leah.
     
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    Sapevo che quel tipo di discorsi, quelli che avrebbero messo entrambi in imbarazzo e sarebbero stati praticamente inutili, non erano da noi. Noi eravamo un rischio da correre, una sorpresa. Uno sguardo mi bastò per sapere che ci eravamo capiti, che era ora di mettersi in moto e lasciarsi sorprendere da un mondo meraviglioso. Di nuovo in viaggio, verso terre e pianeti sconosciuti, alla scoperta di epoche storiche differenti e del futuro. Riprendeva il mio salto nel buio, ed io ero elettrizzata. Prima tappa: Parigi. Certo, sicuramente non ci aspettava nulla di buono, ma eravamo pronti. Le sue parole mi avvolsero come un vento caldo e, quando mi strinse la mano, sentii di essere a casa. «Insieme» ripetei, con un grande sorriso, per poi trovare un sostegno. Il suo "Allons-y", il suono del motore del Tardis, non mi ero mai sentita meglio. Era incredibile quanto riuscissimo ad essere complici, anche nelle piccole cose. Lo conoscevo poco, ma potevo leggere nei suoi occhi o nei suoi gesti qualsiasi cosa. Se mi bastava? Si. Non avevo bisogno di estrapolargli nulla, se non il sorriso nei momenti di difficoltà o imbarazzo. Risi tra me e me, fino a che uno scossone non mi portò alla realtà.La mia testa si riempì di ipotesi: Dalek? Cybermen? Chi lo voleva li e cosa voleva dal Dottore? Lui era una persona meravigliosa, ma certo, specialmente i migliori hanno dei nemici. Se ce l'avremmo fatta? Lo sapevo e l'avrei sostenuto fino all'ultimo. Mi fidavo di lui e sapevo che avrei fatto di tutto per proteggerlo. Tuttavia provavo una sensazione strana, che non riuscivo a spiegarmi. Una sorta di senso di colpa che non capivo e che mi stava accompagnando in quel viaggio. Forse non avrei dovuto darci peso, non lo sapevo. Mi sentivo solo.. strana. Decisi di lasciar perdere questa strana sensazione, almeno per quel momento, constatando che forse, nella Parigi del 1800 non potevo andare in giro con gli abiti che indossavo. Aspettai che il Tardis atterrasse per far segno al Dottore di attendere, per catapultarmi nel guardaroba. Avrei ritrovato quel magnifico vestito blu che ricordavo aver visto l'ultima volta?
     
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  7. miry«
     
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    Ci mettemo meno del previsto ad atterrare. Ovviamente, non stetti fermo nemmeno un secondo durante il viaggio: era un po' impossibile stare immobili pilotando una macchina progettata per essere guidata da 6 persone attraverso il Vortice. Io non mi lamentavo affatto della cosa, anzi, dire che l'adoravo era il minimo! Mentre viaggiavamo, non persi d'occhio Rose nemmeno un attimo, per capire se davvero il momento era passato, e fui felice di notare che era così. Sempre in contemporanea, il mio brillante cervello cercava di capire cosa ci aspettasse nella capitale francese. Vero, amavo le sorprese e preferivo aprire le porte del Tardis e scoprire con i miei occhi ciò che ci attendeva, ma non potevo fare a meno di pensarci. Perchè tutto quel caos a Cardiff? Possibile che fosse tutto solo per attirare me? O qualcuno aveva semplicemente approfittato della situazione? Mi sembrava molto più probabile la seconda, ma in quel caso dovevo concedere a chiunque fosse che era davvero brillante, brillante quasi quanto me. Ma perchè proprio Cardiff? E perchè proprio Parigi del 1800?
    Lo scossone del Tardis mi riportò alla realtà e quasi non cadetti nell'atterraggio. Feci immediatamente smaterializzare la cabina e aprii bocca quando Rose mi fece segno di attendere.
    «Co...» non feci nemmeno in tempo a finire la domanda che era già sparita attraverso il corridoio. Risi appena, scuotendo la testa, pensando che anche lei, come me, non sarebbe mai cambiata. E io non volevo cambiasse. Mi lisciai il completo e notai solo in quel momento che era strappato, reduce da Cardiff. Decisi così di andare velocemente a cambiarmi. Andai in camera mia a cambiarmi, ci avrei messo di meno e, già che c'ero, ne approfittai per sciacquarmi il viso. Fui di ritorno prima di lei, vestito esattamente nello stesso modo di prima, semplicemente con un completo pulito e integro.
    L'aspettai poggiato alla console, trattenendomi dall'attivare il monitor per vedere cosa ci fosse fuori. Questa missione l'avevamo iniziata insieme e l'avremmo scoperta e finita insieme. E si, avremmo vinto, come sempre.
     
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  8. Leah.
     
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    Continua qui


    Edited by Leah. - 25/5/2014, 12:30
     
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22 replies since 22/1/2014, 18:51   206 views
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